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Santi del 29 Agosto

Il mio Santo > I Santi di Agosto

*Sant'Adelfo di Metz - Vescovo (29 Agosto)

Etimologia: Adelfo = fratello, dal greco
Martirologio Romano: A Metz nella Gallia belgica, ora in Francia, Sant’Adelfo, vescovo.
Visse nel V sec. Secondo una Vita, apparsa nel IX sec. e definita negli Acta Sanctorum «apocrypha et fabulosa», Adelfo nacque da una famiglia di nobili Burgundi.
Qualche tempo prima della sua nascita, in sogno apparve alla madre, Beatrice, un angelo che la salutò con queste parole: «Ave, Deo dilecta», e proseguì: «Gaude quia concipies ac panes novum Paulum Adeiphum episcopum».
La Vita prosegue narrando la nascita di Adelfo, la sua giovinezza e infine il verificarsi della profezia con la sua elezione a vescovo. Adelfo fu il decimo vescovo di Metz.
Ma questa Vita non merita alcun credito, come pure è molto dubbia la notizia, riportata in Gesta episcoporum Mettensium e nel Chronicon episcoporum Mettensium di Paolo Diacono, secondo cui Adelfo sarebbe vissuto nel III sec. Di scarso valore sono anche le scene riprodotte nel sec. XV nei tappeti di Neuvillers.
Nell'836, sotto l'episcopato di Drogone, i resti di Adelfo furono trasportati nell'abbazia di Neuvillers (Alsazia) e divennero mèta di numerosi pellegrinaggi.
Nel sec. XI furono collocati in una chiesa consacrata al suo nome ma, durante la Riforma, furono riportati nella chiesa abbaziale.
Il busto-reliquiario di Neuvillers è mera imitazione di quello di San Lamberto a Liegi. La festa di Adelfo cade il 29 agosto, ma a Neuvillers è celebrata il 1° settembre.

(Autore: Charles Lefeb - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Adelfo di Metz, pregate per noi.

*Sant'Alberico - Eremita Camaldolese (29 Agosto)

Ravenna, XI sec. – Monte Fumaiolo - Sarsina (Forlì), 1050 ca.
Vissuto nella prima metà del XI secolo, Alberico apparteneva a una nobile famiglia di Ravenna. Da giovane si votò a una vita eremitica fatta di rigorosa penitenza, preghiera e contemplazione, dimorando a Valle Sant'Anastasio presso San Marino.
Poi visse nell'eremo di Ocri, in diocesi di Cesena-Sarsina, eretto da San Pier Damiani, e da qui passò a condurre una vita ascetica in una località detta Balze, situata in una gola sul Monte Fumaiolo.
Appartenente all'Ordine camaldolese, morì intorno al 1050. L'eremo che prese il nome di «Celle di Sant'Alberico» fu abitato dagli eremiti camaldolesi.
Il Santo è invocato dai pellegrini che salgono all'eremo contro le malattie addominali e le ernie dei bambini.
La prima memoria certa del suo culto risale al 1300 quando, nel timore che i fiorentini potessero impossessarsi del corpo, fu trasferito nella chiesa dell'abbazia benedettina di Valle Sant'Anastasio.
Casualmente ritrovato nel 1640, fu collocato in un nuovo altare dedicato al santo dove si trova tuttora. (Avvenire)
Etimologia: Alberico = potente elfo, dallo scandinavo
Il suo nome si perpetua soprattutto per l’esistenza del suo antico eremo, ancora oggi funzionante, che prese appunto il nome di Sant’Alberico. Pochissimo sappiamo della sua vita, vissuto nella prima metà del sec. XI, secondo la tradizione Alberico appartenne ad una nobile e ricca famiglia di Ravenna.
Da giovane si votò ad una vita eremitica fatta di rigorosa penitenza, preghiera e contemplazione, dimorando a Valle Sant’Anastasio presso San Marino; in questo luogo, si racconta, che fece scaturire una fonte di acque salutari, tuttora esistente.
Poi abitò per qualche tempo nell’eremo di Ocri in diocesi di Sarsina (Forlì), eretto da s. Pier Damiani (1007-1072); da qui passò a condurre sempre una vita eremitica, in una località detta Balze, situata
in una profonda gola a m. 1147 sul Monte Fumaiolo, che dipendeva dal monastero di S. Giovanni Battista, sempre nella diocesi di Sarsina; appartenente all’Ordine Camaldolese, fondato da s. Romualdo (952-1027).
Qui visse in perfetta solitudine per molti anni, finché lo colse la morte verso il 1050; l’eremo che poi prese il nome di “Celle di Sant' Alberico”, dopo la sua morte fu abitato da più eremiti dell’Ordine Camaldolese, sotto la giurisdizione del già citato monastero, che ne tenne la proprietà fino al 1821; fu poi venduto a dei privati e dopo nel 1872, fu ceduto alla Diocesi di Sarsina.
La prima memoria certa del suo culto risale al 1300, quando nel timore che i Fiorentini potessero impossessarsi del corpo, questo fu trasferito di nascosto nella chiesa dell’abbazia benedettina di Valle Sant’Anastasio e tumulato in una parete.
Casualmente fu ritrovato nel 1640 dal vescovo Consalvo Durante ed esposto alla venerazione dei fedeli nell’altare della Madonna del Rosario.
Un altro vescovo Bernardino Bellucci, nel 1698 lo fece collocare in un nuovo altare dedicato appunto a S. Alberico, dov’è tuttora.
Il Santo eremita, che già in vita operava molti prodigi, è invocato dai pellegrini che salgono all’Eremo, contro le malattie addominali e le ernie dei bambini. In questi secoli è continuato l’avvicendarsi degli eremiti, che sia pure a fasi alterne, hanno fatto funzionare l’eremo e la chiesetta annessa, accogliendo ed assistendo i pellegrini devoti del Santo.
Fra le figure più operose di questi eremiti, troviamo negli anni dal 1954 al 1968, il servo di Dio sacerdote Quintino Sicuro, ex vicebrigadiere della Guardia di Finanza, che operò una ristrutturazione e restauro completo della residenza e della chiesa.
Attualmente a causa del clima rigido invernale, l’Eremo di Sant' Alberico, funziona nei periodi di buona stagione; Sant'Alberico è celebrato il 29 agosto, come data probabile della sua morte.  

(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Alberico, pregate per noi.

*Santa Basilla - Martire a Sirio (29 Agosto)

Martirologio Romano: Presso Srijem nell’odierna Croazia, Santa Basilla.
Il Martirologio Siriaco (sec. IV) ricorda al 29 agosto il dies natalis di Basilla, martire a Sirmio, città della Pannonia Inferiore.
Nel Martirologio Geronimiano, che pure menziona Basilla al 29 agosto, alla santa è attribuita la qualifica di vergine.
Oltre alle commemorazioni delle antiche fonti, null'altro si può reperire su Basilla, e sussiste anche qualche dubbio sulla sua qualifica di martire.

(Autore: Pietro Gini - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Basilla, pregate per noi.

*Santa Beatrice di Nazareth (29 Agosto)

m. Nazareth, 29 agosto 1268
Etimologia:
Beatrice = che rende Beati, dal latino
Nei monasteri femminili belgi del secolo XI venivano ammesse per il servizio del coro quasi esclusivamente giovani di elevata condizione sociale, mentre le altre, più incolte e rozze, rimanevano in qualità di converse. Nel secolo XII la nascita di una borghesia cittadina molto devota fece avvertire l'esigenza di ricercare nuove possibilità per le vocazioni femminili.
Nascevano così i beghinaggi, nei quali sarebbero sbocciate non poche anime mistiche. La necessità di fondare nuovi monasteri femminili in periferia fu ben compresa dai Cistercensi: nel Brabante, essi furono aiutati finanziariamente da Bartolomeo di Tirlemont.
La figliola di questi, Beatrice, nata verso il 1200, dopo aver vissuto un certo tempo fra le beghine di Léau, preferì andare come novizia, intorno al 1218, a Florival, nei pressi di Archennes, dove un
convento già esistente era stato restaurato a spese del padre e trasformato in monastero cistercense. Altri conventi cistercensi furono fatti costruire dallo stesso Bartolomeo a Maagdendaal, nelle vicinanze di Oplinter, nel 1222 circa, e a Nazareth, appena fuori le mura di Lierre, nel 1235.
Beatrice fu sempre tra le fondatrici, e a Nazareth, dove morì il 29 agosto 1268, ebbe anche l'ufficio di priora.
A lei si deve, oltre l'autobiografia in latino, che si legge nel codice 4459-70 della Biblioteca Reale di Bruxelles, un trattato mistico scritto in fiammingo medioevale, dal titolo "Van seven manieren van heiligher minnen", cioè le sette maniere di amare santamente, una descrizione sperimentale dell'ascensione di un'anima verso Dio.
Alle esperienze attive dei tre primi modi, amore purificante, amore elevante, amore sempre più divorante, seguono le passive degli ultimi quattro, amore infuso, amore vulnerato, amore trionfante e, finalmente, amore eterno. Beatrice scrisse anche altre opere, oggi perdute.
Nel suo fervore mistico la Beata usava sottoporsi alla flagellazione e alle penitenze corporali, attraverso le quali mirava alla compartecipazione della passione di Cristo. Le sue letture preferite erano la S. Scrittura e i trattati sulla S.ma Trinità.
Il suo esempio, la diffusione dell'autobiografia e dei suoi scritti contribuirono a una fioritura di Sante, scrittrici e mistiche fra le monache cistercensi belghe medievali. La festa di Beatrice si celebra il 29 agosto.
Il suo corpo, sepolto nel chiostro di Nazareth, fu nascosto nel 1578 in un luogo sconosciuto, per sottrarlo alle profanazioni calviniste.

(Autore: Carlo de Clercq - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Beatrice di Nazareth, pregate per noi.

*Beata Bronislawa (Bronislava) di Kamien - Religiosa (29 Agosto)  

Kamien, Slesia, 1200 c. - 29 agosto 1259
Martirologio Romano:
Presso Cracovia in Polonia, Beata Bronislava, vergine dell’Ordine dei Premostratensi, che volle condurre vita umile e nascosta e, dopo che i Tartari ebbero distrutto il suo monastero, visse sola con Dio in una capanna.
Nata verso il 1200 a Kamien nella Slesia, Bronislawa, secondo una tradizione tardiva, apparteneva alla famiglia Odrowaz e sarebbe stata, quindi, parente di San Giacinto.
A sedici anni, seguendo la voce di Dio e dietro consiglio di San Giacinto, entrò nel monastero delle
Norbertane a Zwierzyniec, presso Cracovia, dove, in breve tempo, diventò un modello di vita religiosa.
Per poter meditare con maggiore agio i misteri della Passione di Gesù, Bronislawa si recava sulla collina Sikornik, non lungi dal monastero, che ora viene chiamata collina di S. Bronislawa e dove nel 1702 fu eretta una cappelletta in suo onore.
Nella biografia di San Giacinto, scritta nel 1352 da padre Stanislao, domenicano di Cracovia, si narra che nel giorno della morte del Santo (15 agosto 1257) Bronislawa ebbe una visione in cui egli le apparve condotto in cielo dalla Madre di Dio e dagli Angeli.
Dopo aver vissuto oltre quarant'anni tra l'indefesso lavoro monastico e le pratiche religiose, compiute con ardente zelo, Bronislawa si spense il 29 agosto 1259.
Le sue spoglie furono deposte nella chiesa del monastero, dove rimasero dimenticate lungo tempo; soltanto nel 1612 esse furono rintracciate e deposte accanto all'altare di S. Anna, più tardi detto di San Giacinto.
I miracoli effettuati e le grazie ottenute destarono nei fedeli una grande venerazione per Bronislawa e il culto, che cominciò a diffondersi nel sec. XVII, dura fino ad oggi, in modo speciale nel territorio di Cracovia e nell'Alta Slesia, dove la sua intercessione è invocata contro le epidemie.
In seguito alle istanze della Congregazione delle Norbertane, Gregorio XVI concesse, con decreto del 31 agosto 1839, che Bronislawa fosse pubblicamente venerata nella diocesi di Cracovia.
Pio IX, con decreto del 7 dicembre 1859, estese la concessione alla diocesi di Wroclaw (Breslavia) e Leone XIII a tutto l'Ordine delle Norbertane; la festa di Bronislawa cade il 1° settembre.

(Autore: Pietro Naruszewicz - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Bronislawa di Kamien, pregate per noi.

*Santa Candida - Vergine e Martire venerata a Roma (29 Agosto)  
È venerata in Roma nella chiesa di Santa Prassede, dove il suo corpo fu trasferito dal Papa Pasquale I (817-24).
Il suo nome figura in un'epigrafe redatta mentre il Papa era ancora vivo, insieme con quelli di altri martiri ivi sepolti.
È commemorata il 29 agosto. Non si sa se fosse nativa di Roma, né se sia da identificare con sante omonime della stessa città.
La precedente edizione del Martirologio romano recitava: "Romae sanctae Candidae, Virginis et Martyris; cujus corpus beatus Paschalis Primus Papa in Ecclesiam sanctae praxedis transtulit".

(Autore: Pietro Burchi - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Candida, pregate per noi.

*Beato Costantino Fernandez Alvarez - Sacerdote Domenicano, Martire (29 Agosto)
Schede dei gruppi a cui appartiene:
"Beati Martiri Spagnoli Domenicani d'Aragona"
"Beati 233 Martiri Spagnoli di Valencia Beatificati nel 2001"
"Martiri della Guerra di Spagna"

La Vecilla, Spagna, 7 febbraio 1907 - Cuart de Poblet, Spagna, 29 agosto 1936
Martirologio Romano: A Valencia in Spagna, Beato Costantino Fernández Álvarez, sacerdote dell’Ordine dei Predicatori e martire, che, durante la persecuzione, portò a compimento il suo combattimento per la fede.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Costantino Fernandez Alvarez, pregate per noi.

*Beato Domenico Jedrzejewski - Sacerdote e Martire (29 Agosto)
Scheda del gruppo a cui appartiene:
“Beati 108 Martiri Polacchi”
 
Kowal, Polonia, 4 agosto 1886 – Dachau, Germania, 29 agosto 1942
Sacerdote diocesano.
Fu beatificato da Giovanni Paolo II a Varsavia (Polonia) il 13 giugno 1999 con altri 107 martiri polacchi.

Martirologio Romano: Nel campo di prigionia di Dachau vicino a Monaco di Baviera in Germania, Beato Domenico Jędrzejewski, sacerdote e martire, che, deportato durante la guerra dalla Polonia in un carcere straniero, morì per Cristo sotto tortura.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Domenico Jedrzejewski, pregate per noi.

*Beato Edmondo Ignazio Rice - Fondatore (29 Agosto)  
Westcourt, Callan (Irlanda), 1° giugno 1762 - Mont Sion (Waterford), 29 agosto 1844
Nasce a Westcourt, in Irlanda il 1° giugno 1762. A causa delle leggi restrittive contro i cattolici d'Irlanda, non può avere accesso a carriere in ambito militare, statale o giudiziario. Trova quindi lavoro come apprendista nella società dello zio paterno, affermato esportatore di merci. Edmondo ha successo nel lavoro, si sposa, ma dopo pochi anni la moglie muore in seguito a un incidente, dando alla luce una figlia disabile.
A lei il santo si dedica con amore; rafforza il suo legame con la fede meditando la Parola di Dio, partecipando assiduamente all'Eucarestia e impegnandosi in opere di carità a sostegno dei poveri.
Successivamente si dedica all'educazione dei giovani, fondando a Waterford la comunità religiosa dei «Fratelli della Presentazione» nella quale ben presto inizia ad affluire un gran numero ragazzi. Assieme ai suoi confratelli Edmondo dà vita anche alla «Congregazione dei fratelli Cristiani». Dà li a poco sorgeranno monasteri anche in Inghilterra, Gibilterra e Australia.
Muore il 29 agosto del 1844 a Mount Sion di Waterford. Oggi le due congregazioni sono presenti in tutti i cinque continenti. Edmondo è beatificato da Papa Giovanni Paolo II nel 1996.  (Avvenire)

Martirologio Romano: A Waterford in Irlanda, Beato Edmondo Ignazio Rice, che si diede con grande fervore e perseveranza all’istruzione dei fanciulli e dei giovani di condizioni modeste e, per incrementare quest’opera, fondò le Congregazioni dei Fratelli Cristiani e dei Frati della Presentazione.
Il Beato Edmondo Ignazio Rice nacque a Watercourt, Callan (Irlanda) il 1° giugno 1762, quarto dei sette figli di Roberto Rice e di Margherita Tierney, la quale aveva già altre due figlie essendo vedova del primo marito.
A causa delle ‘Penal Laws’, leggi restrittive contro i cattolici d’Irlanda, i cui sacerdoti erano perseguitati e non potevano gestire delle scuole, Edmondo fu educato prima nella sua pia e stimata famiglia di agricoltori e poi in una di quelle scuole di campagna quasi clandestine, organizzate dagli irlandesi di allora, molto legati alla fede cattolica e i cui insegnanti si spostavano continuamente da un posto all’altro.
In seguito Edmondo Rice riuscì a frequentare una scuola classica a Kilkenny City; giacché ai cattolici era proibito l’accesso alle carriere militari, statali, giudiziarie, al giovane diciassettenne non restò altro che impiegarsi come apprendista presso lo zio paterno, importante fornitore ed esportatore di merci a Waterford, porto fluviale nel sud-est irlandese.
Collaborando fattivamente con lo zio, diventò un mercante di successo; nel 1787 a 25 anni si sposò, ma la sorte non fu benigna, dopo solo due anni la moglie morì a causa di un incidente, dando alla luce una bambina disabile.
Rimasto vedovo a 27 anni, Edmondo con spirito di fede si prese cura amorevolmente per tutta la vita della piccola Mary; intensificò l’unione con Dio nella meditazione delle Scritture, con l’assidua frequenza ai Sacramenti e alla Messa, dedicandosi alle opere di carità e aiutando i poveri con le sue ricchezze.
In quel periodo di grande fermento per la società irlandese, con il raddoppio della popolazione in sessant’anni, la ribellione delle colonie americane nel 1776, il ritrovato coraggio dei cattolici
d’Irlanda nel richiedere parità di diritti con i protestanti e soprattutto la mancanza di educazione della trascurata gioventù, convinsero Edmondo Rice a lavorare in questo campo essenziale per la società del futuro.
Edmondo aveva conosciuto la Serva di Dio suor ‘Nano’ Nagle (1718-1784), che nel 1778 aveva fondato le ‘Suore della Presentazione’ per l’istruzione e la cura delle fanciulle, e l’aveva aiutata ad aprire una casa a Waterford.
Sul suo esempio dal 1793 si preparò al compito prefisso, raccogliendo i fondi necessari per realizzare l’opera; chiese anche al papa Pio VI il permesso di aprire un nuovo Istituto e con l’incoraggiamento del pontefice e del vescovo di Hussey, fondò in una stalla in disuso una scuola provvisoria, dopo aver venduta l’azienda e sistemata adeguatamente la figlia.
Prese ad abitare al piano superiore, mentre tanti ragazzi affluirono nella scuola, il loro numero ben presto spaventò gli assistenti salariati che lo abbandonarono, così Edmondo dovette affrontare da solo tutto il lavoro; dopo un po’, attratti dal suo esempio vennero altri giovani ed insegnanti a condividerne lo sforzo evangelico e sociale.
Nacque così una comunità religiosa, che aveva come scopo primario, attraverso l’educazione cristiana, di portare i poveri alla consapevolezza della loro dignità e della loro figliolanza divina.
Nel 1806 fu aperta la prima casa religiosa a Waterford dei “Fratelli della Presentazione” chiamati così perché seguivano una regola di vita simile a quella delle ‘Suore della Presentazione’; nel 1808 il vescovo di Waterford ammise Edmondo e i suoi confratelli ai voti religiosi nella Cappella delle Suore, secondo le Regole dell’Ordine della Presentazione, approvate dalla Santa Sede il 3 settembre 1791.
Il nuovo Istituto fu il primo sorto in Irlanda, Edmondo prese il nome di Ignazio e senza aiuti esterni edificò un monastero, detto Mont Sion in Waterford, dove si spostò con la piccola comunità, erigendolo a Casa madre.
Il numero dei confratelli aumentò notevolmente e altre Case furono aperte sia nella provincia di Waterford che in tutta l’Irlanda; nel 1820 erano già dieci e tutte seguivano la Regola delle Suore della Presentazione, perciò autonome e soggette alla giurisdizione dei vescovi locali; alcuni membri però erano inviati a Mont Sion per avere una formazione dallo stesso fondatore.
Intanto fratello Ignazio Rice nel 1817 conobbe i Fratelli delle Scuole Cristiane, fondati da s. Giovanni Battista de la Salle (1651-1719) e chiese alla Santa Sede l’approvazione di una Regola simile anche per il suo Istituto; la lettera di approvazione fu concessa da papa Pio VII il 5 settembre 1820.
Nel gennaio 1822 la maggior parte dei Fratelli della Presentazione, accettò la lettera pontificia dopo vari incontri e discussioni e adottarono la Regola dei Fratelli delle Scuole Cristiane, cambiarono il nome in “Fratelli Cristiani” (Christian Brothers) ed elessero fra’ Ignazio Rice loro Superiore Generale.
Non tutti aderirono, capeggiati da fratel Michele Agostino Riordan, essi rimasero con l’iniziale denominazione e sotto la giurisdizione diocesana e si andò avanti così fino al 1889, quando anche i Fratelli della Presentazione ebbero l’approvazione pontificia.
Edmondo Ignazio Rice poté veder il diffondersi dei suoi Fratelli negli anni seguenti in Irlanda, Inghilterra, Gibilterra e Australia, si dimise nel 1838 da Superiore Generale per l’età e le malattie e morì in fama di santità il 29 agosto 1844 a Mont Sion (Waterford).
I Fratelli delle due Congregazioni, sono oggi presenti in tutti i cinque Continenti, nelle regioni missionarie della Chiesa e fra gli emarginati delle grandi città.
Da ogni parte sono state segnalate centinaia di grazie ricevute per l’intercessione del benefico fondatore, fra’ Edmondo Ignazio Rice che è stato beatificato il 6 ottobre 1996 da papa Giovanni Paolo II; festa il 29 agosto.

(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Edmondo Ignazio Rice, pregate per noi.

*Beata Eufrasia del Sacro Cuore di Gesù (Rosa Eluvathingal) - Carmelitana (29 Agosto)

Aranattukara, India, 7 ottobre 1877 – Ollur, India, 29 agosto 1952
Eufrasia del Sacro Cuore di Gesù, al secolo Rosa Eluvathingal, indiana, fu suora professa della Congregazione delle Suore della Madre del Carmelo.
Dichiarata “venerabile” il 5 luglio 2002, Benedetto XVI ha riconosciuto un miracolo attribuito alla sua intercessione il 26 giugno 2006.  É stata beatificata il 3 dicembre dello stesso anno.
Rosa Eluvathingal nacque ad Aranattukara in India il 7 ottobre 1877, da una ricca famiglia cattolica di rito siromalabarese, e fu battezzata il 15 dello stesso mese. Frequantò la scuola elementare locale e con l’aiuto maternò ben presto avvertì il richiamo divino, ricercando nella preghiera una più intima unione con il Signore.
Si rese infine conte che tale unione sarebbe stata facilitata dalla vita consacrata e nel 1888 divenne allieva delle Carmelitane presso Koonammavu, ove per nove anni visse col proposito di poter un giorno entrare nell’annesso convento di Santa Teresa. Finalmente il 9 maggio 1897 Rosa prese il velo ed il 10 gennaio 1898 vestì l’abito religioso ed intraprese il noviziato assumendo il nome di Eufrasia del Sacro Cuore di Gesù. Il 24 maggio 1900 insieme ad altre consorelle emise i voti nel nuovo convento di Pllur, nei pressi di Trichur.
Sin da allora il vicario apostolico, monsignor Giovanni Menacherry, aveva scorto qualcosa di straordinario in questa umile suora ed avendone colta la sua intima aspirazione all’unione con Dio volle
assumerne la direzione spirituale. Le domandò di scrivergli tutto ciò che avveniva nel suo cuore e così ancora oggi nell’archivio diocesano sono conservate le ben novantaquattro lettere del suo epistolario, unica fonte per conoscere la sua vita interiore.
Appena dopo la professione, suor Eufrasia venne nominata assistente delle novizie nel convento di S. Maria a Ollur e dal 1904 divenne maestra, ufficio che ricoprì per nove anni.
Eletta superiora nel 1913, tre anni dopo fu trasferita a Manalur, ma pochi mesi dopo dovette fare ritorno ad Ollur per motivi di salute e vi rimase sino alla morte, vivendo in perfetta unione con Dio nella preghiera, nel digiuno e nella mortificazione.
Serviva le consorelle in ogni loro bisogno e, tanto con le sue parole che con il suo esempio, le condusse tutte ad una pià intima unione con Dio.
La sua santificazione personale si compì non con eventi straordinari, bensì con un virtuoso espletamento della sua vita quotidiana.
Sin dall’infanzia la sua salute si era rivelata alquanto cagionevole ed il 29 agosto 1952 spirò. Solo dal 30 gennaio 1990 le sue spoglie mortali riposano nella chiesa del convento di Santa Maria in Ollur. In tutti coloro che ebbero la fortuna di conoscerla, lasciò il ricordo di un’indiscussa fama di santità. Numerose grazie furono attribuite alla sua celeste intercessione.
Tutto ciò portò all’apertura del processo informativo diocesano il 21 ottobre 1988, previa approvazione della Conferenza Episcopale Siromalabarese concessa il 1° giugno precedente.
Gli atti sulla vita e le virtù di Suor Eufrasia furono approvati il 16 novembre 1991 dalla Congregazione delle Cause dei Santi.
Il medesimo dicastero vaticano acquisì la “Positio super virtutibus” il 20 aprile 1994 e fu dichiarata “venerabile” il 5 luglio 2002. Papa Benedetto XVI ha riconosciuto un miracolo attribuito alla sua intercessione il 26 giugno 2006 ed il 3 dicembre dello stesso anno questa suora indiana ha potuto essere beatificata nella sua terra secondo le nuove disposizione dello stesso pontefice.

(Autore: Fabio Arduino - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Eufrasia del Sacro Cuore di Gesù, pregate per noi.

*Beata Fidelia (Dolores) Oller Angelats - Vergine e Martire (29 Agosto)

Scheda del Gruppo a cui appartiene:
"Beati Martiri Spagnole Suore di San Giuseppe di Gerona" - Senza data (Celebrazioni singole)
"Santi, Beati e Servi di Dio Martiri nella Guerra di Spagna" Vittime della persecuzione religiosa - Senza Data (Celebrazioni singole)

Bañolas, Gerona, Spagna, 17 settembre 1889 – Xeresa, Valencia, Spagna, 29 agosto 1936
Dolores Oller Angelats, figlia di un piccolo industriale della ceramica di Bañolas, presso Gerona in Spagna, si sentì chiamata alla consacrazione religiosa nelle Suore di San Giuseppe di Gerona, giunte nella sua città per prestare servizio nell’ospedale del posto. Dopo alcuni mesi, uscì dal noviziato per aiutare la madre rimasta vedova e i suoi fratelli più piccoli, ma non si sentiva pienamente felice: rientrò quindi in noviziato il 12 maggio 1892, cambiando il nome con quello di suor Fidelia.
Fu superiora in varie comunità della sua congregazione, spendendosi per gli ammalati e per le sue consorelle. Allo scoppio della guerra civile spagnola, si trovava a Gandía. Fuggì da un’abitazione privata all’altra, raggiunta nel frattempo da suor Josefa Monrabal Montaner, che non l’abbandonò nemmeno quando fu scoperta dai miliziani. Furono fucilate il 29 agosto 1936 a Xeresa.
Sono state beatificate insieme alla consorella Faconda Margenat Roura (al secolo Catalina, uccisa a Barcellona tre giorni prima), il 5 settembre 2015, nella cattedrale di Santa Maria Assunta a Gerona. I resti mortali di madre Fidelia e suor Josefa sono venerati presso la cappella della comunità delle Suore di San Giuseppe di Gerona a Gandía.
Nacque a Bañolas presso Gerona, in Catalogna, il 17 settembre 1869, primogenita dei quattro figli nati da Lorenzo Oller Verdaguer e Margarita Angelats Frigola. Al Battesimo, ricevuto lo stesso giorno della nascita nella parrocchia di Santa Maria dels Turers, le vennero imposti i nomi di Dolores, Margarita e Teresa. Due mesi dopo ricevette il sacramento della Confermazione per mano di monsignor Constantino Bonet, vescovo di Gerona.
Il padre aveva ereditato l’industria di famiglia, dedita alla fabbricazione della ceramica e di altri articoli in cotto. Insieme alla moglie, educò quindi i figli nell’amore per Dio e per il lavoro.
Dolores trascorse l’infanzia a Bañolas, dove frequentò anche le scuole elementari, imparando a leggere, scrivere, far di conto e ricamare. La sua formazione religiosa si svolse prima in famiglia, poi in parrocchia.
Il 14 luglio 1880 giunsero in città alcune Suore di San Giuseppe di Gerona, affinché si prendessero cura degli ammalati nell’ospedale adiacente al convento di Santo Stefano. Fu un piccolo evento per la tranquilla cittadina, ma anche per Dolores, che aveva undici anni. Ben presto si sentì attratta dallo stile delle suore e, sette anni dopo, comprese che quella era la sua vocazione.
Nel 1888, però, venne a mancare suo padre Lorenzo, a 46 anni, per aver contratto una grave malattia mentre assisteva un parente. La giovane prese seriamente l’impegno di assistere il nonno, i tre fratelli e la madre, la quale non aveva mai smesso di pregare perché il Signore ottenesse il dono della vocazione religiosa per qualcuno dei suoi figli.
Dolores, aiutata dal suo direttore spirituale, era convinta che il suo posto fosse tra le Suore di San Giuseppe, ma dopo pochi mesi scelse di lasciare il noviziato: la responsabilità di figlia maggiore e il ricordo della famiglia la facevano sentire incapace di abbracciare quella forma di vita.
Tornò a casa, ma non si sentiva tranquilla: una volta fu sorpresa dal fratello Salvador (poi religioso dei Fratelli Maristi col nome di fratel Doroteo) mentre, rintanata in un angolo della cucina, dava sfogo alle lacrime. Aiutata a discernere dai familiari, decise di tornare a Gerona per il noviziato.
Riprese il suo cammino il 12 maggio 1892, cambiando il nome ricevuto al Battesimo con quello di suor Fidelia, perché intendeva chiedere al Signore la grazia di restargli fedele fino alla fine. Nello stesso anno, vestì l’abito religioso con altre nove compagne. Da allora cominciò la sua formazione sotto la guida della maestra delle novizie, suor Maria Vinardell, che aveva vissuto a lungo con la Fondatrice, Maria Gay Tibau (Venerabile dal 2013).
Trascorsi i due anni del noviziato, compì la sua prima professione il 17 novembre 1894, a venticinque anni, insieme a due connovizie. La professione perpetua, invece, si svolse il 13 ottobre 1902. Svolse il suo apostolato sia negli ospedali sia in case private, alleviando i dolori degli ammalati e procurando che ricevessero i Sacramenti se in pericolo di vita.
Il suo primo incarico fuori da Gerona fu nella città di Olot, mentre dal 1911 fu superiora della
comunità di Malgrat de Mar. Nell’agosto 1917 passò a Camprodón e nel 1921 venne incaricata di presiedere la casa di Palamós, dove ritrovò suor suor Faconda (al secolo Catalina) Margenat Roura, che aveva già incontrato a Malgrat de Mar.
In tutti i suoi servizi fu molto apprezzata dagli ammalati, che trattava con tenerezza e comprensione, ma anche dalle consorelle, per la sua religiosità e dedizione. Trascorreva i momenti di vita comune con semplicità, ad esempio raccontando serenamente la sua uscita prima di cominciare il noviziato. Non dimenticò la sua famiglia, ai membri della quale indirizzò lettere affettuose e piene di raccomandazioni.
Nel 1927 fu incaricata del superiorato aGandía, nella provincia di Valencia. Era un compito diverso dai precedenti, poiché si trattava di una nuova fondazione, ma lo svolse con responsabilità. Per questo motivo, la gente del quartiere dove sorgeva la casa dove le suore si stabilirono prese a volerle molto bene.
Dopo sette anni, tuttavia, iniziò a serpeggiare uno strano sentimento anticlericale. Le suore garantirono la loro assistenza senza distinzioni politiche, però madre Fidelia prese a nutrire dei sospetti.
Durante una visita della Superiora generale, le suggerì di preparare degli abiti secolari perché le suore, nel corso delle loro visite a domicilio, avevano cominciato a essere insultate.
Col sollevamento militare di una parte dell’esercito contro il governo della Repubblica spagnola, il 19 luglio 1936, ebbe inizio la guerra civile. Anche a Gandía vennero incendiate chiese, come l’antica Collegiata, e arrestati sacerdoti e laici.
Non ci fu più pace nemmeno per le Suore di San Giuseppe, continuamente minacciate di morte e soggette a perquisizioni da parte dei miliziani, che miravano particolarmente alla superiora. Durante la notte, però, uscivano per badare agli ammalati, lasciando madre Fidelia da sola. Qualche vicina provò a farle compagnia, ma, sentendosi osservata, non tornò da lei, che prese a trascorrere notti insonni, in preda a terribili presentimenti.
Per questo motivo e per il fatto che, durante le spiacevoli visite, era colei che subiva maggiormente insulti, le consorelle cercarono un rifugio per lei. Dapprima fu ospitata in casa di Mercedes Rovira, il cui figlio Benedicto era un capo dei miliziani, ma era grato a madre Fidela per aver badato a lei. Dopo un paio di giorni, per non mettere in pericolo la padrona di casa, passò in un’altra abitazione della stessa strada, domicilio del signor Tormo e famiglia, dove fu sistemata al piano superiore.
Nel frattempo un’altra suora di San Giuseppe, suor Josefa Monrabal Montaner, arrivò a Gandía per rifugiarsi da sua madre. Dopo averla trovata, andò dalle consorelle e notò la situazione di pericolo in cui versavano. Chiese di madre Fidelia, ma non si trovava più lì. Indirizzata dalle altre suore al suo rifugio, le chiese, insieme a sua madre, di rifugiarsi in casa di suo fratello Andrés.
Di fronte a quell’insistenza, dovette cedere.
Nel nuovo ricovero le due religiose trascorsero pochi giorni, senza mai uscire, continuamente immerse nella preghiera. Per i pasti, calavano un cestino al piano inferiore e lo tiravano su quando arrivava il cibo da parte della madre di suor Josefa.
In una notte di agosto, mentre la famiglia che abitava al piano di sotto stava cenando sulla porta di casa, si presentarono alcuni miliziani, scesi da un’automobile tristemente nota come "La Pepa". Impaurito dalle loro minacce, il capofamiglia, José María Aparisi, li lasciò forzare la porta delle scale: salirono al piano superiore e prelevarono le suore, le quali, al sentirli arrivare, aprirono personalmente. Furono caricate sull’auto con tale violenza che a madre Fidelia fu spezzato un braccio.
I persecutori volevano portar via solo la madre superiora, ma suor Josefa non voleva separarsi da lei. Fu avvertita di non farlo, perché rischiava di fare la sua stessa fine, ma ribatté: «Dove va la madre vado anch’io, non l’abbandono». Con loro fu catturato il signor Aparisi, poi rilasciato lungo la strada grazie a "ElReyet", un miliziano che lo conosceva.
La vettura, giunta all’incrocio tra la strada per Valencia e quella per Xeresa, nel punto detto "La Crehueta", si fermò. In quello stesso luogo le suore furono colpite: madre Fidelia fu raggiunta da uno sparo nella spalla e da uno nella tempia destra, mentre suor Josefa ebbe una forte emorragia per essere stata ferita sul lato sinistro del collo e nella regione lombare.
I vicini, che si erano rifugiati in casa per paura, udirono gli spari nella notte; poco dopo, qualcuno avvertì dei gemiti di dolore, poi più nulla. Al mattino dopo, trovarono i cadaveri delle due suore, che rimasero sul luogo del martirio fino al mattino inoltrato del 30 agosto 1936. A mezzogiorno, furono prelevati per essere sepolti nel cimitero di Xeresa.
Terminata la guerra, nel 1939, i resti delle due religiose vennero riesumati e collocati nel cimitero di Gandía. Attualmente si trovano nella cappella della comunità delle Suore di San Giuseppe di Gerona a Gandía.
La causa di beatificazione di madre Fidelia e suor Josefa fu unita a quella della già citata suor Faconda Margenat Roura, morta pochi giorni prima nei pressi di Barcellona. Ottenuto il trasferimento dalla diocesi di Barcellona il 18 maggio 2001 e il nulla osta da parte della Santa Sede due settimane dopo, fu avviata l’inchiesta diocesana a Valencia, durata dal 24 novembre 2001 all’11 gennaio 2003 e convalidata il 28 marzo 2003. La "Positio super martyrio" fu trasmessa alla Congregazione vaticana per le Cause dei Santi nel 2004.
A seguito del congresso peculiare dei consultori teologi, il 10 dicembre 2013, e della sessione dei cardinali e vescovi membri della Congregazione, Papa Francesco ha firmato il 22 gennaio 2015 il decreto che riconosce tutte e tre le suore come martiri.
La loro beatificazione si è svolta il 5 settembre 2015 nella cattedrale di Santa Maria Assunta a Gerona, presieduta dal cardinal Angelo Amato come inviato del Santo Padre.

(Autore: Emilia Flocchini – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Fidelia Oller Angelats, pregate per noi.

*Beata Filippa Guidoni - Monaca (29 Agosto)
Etimologia: Filippa = che ama i cavalli, dal greco
Della Beata Filippa non esiste atto ufficiale che ne approvi il culto, che d’altra parte è antichissimo, sin dal secolo XIV. Della nobile famiglia dei Giudoni di Arezzo, fu monaca conversa, distinguendosi
per una vita santa, piena di umiltà, purezza e grande volontà di mortificazione.
Appartenne ad una Congregazione religiosa detta delle “Santuccie” dal nome della fondatrice Beata Santuccia Terebotti, che era stata guidata ed ispirata dal Beato Sperandio, ambedue cittadini di Gubbio, fra gli altri, nel secolo XIII furono fondati alcuni monasteri ad Arezzo e dintorni posti sotto la Regola di s. Benedetto.
In seguito le “Santuccie” presero il nome di “Serve di Maria” e in uno di questi conventi in Arezzo dal titolo di S. Maria di Valverde, visse Filippa Guidoni, morendovi il 29 agosto di un anno imprecisato dei primi decenni del sec. XIV.
Il corpo fu tumulato nel convento, nel 1520 fu trasferito insieme a tutta la comunità nel monastero dello Spirito Santo. In epoca più vicina a noi, il monastero fu tramutato in manicomio e le monache traslarono di nuovo il corpo nel convento attuale, dove ogni anno il 29 agosto lo espongono alla venerazione dei fedeli.
Il nome Filippa / Filippo proviene dal greco Philippos che significa “amante dei cavalli”.

(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Filippa Guidoni, pregate per noi.

*Beato Flaviano Michele (Giacomo) Melki - Vescovo e Martire (29 Agosto)
Kalaat Mara, Turchia, 1858 - Djézireh, Turchia, 29 agosto 1915
Melki nacque vicino a Mardin, nell’attuale Turchia sud-orientale. Divenne prete della Chiesa Siro-cattolica, e viveva a Tur Abdin. Durante i massacri del 1895 la sua chiesa fu saccheggiata e bruciata, e sua madre uccisa. In seguito fu nominato vescovo di Mardin e Gazarta.
Il 24 aprile del 1915 con i massacri di Istanbul il “Triumvirato” lanciò l’operazione di genocidio, diretta contro armeni, assiri e greci, cioè le minoranze cristiane. Nell’estate del 1915 Melki si trovava ad Azakh, ma avendo notizia di ciò che stava per accadere alla sua diocesi tornò a Gazarta e si rifiutò
di fuggire, a dispetto del consiglio degli amici musulmani del posto.
Fu arrestato il 28 agosto insieme al vescovo caldeo Jacques Abraham. Secondo le testimonianze di musulmani del posto fu chiesto a entrambi di convertirsi all’islam. Rifiutarono.
Abraham fu ucciso con un colpo di fucile, Melki fu picchiato fino a fargli perdere conoscenza e decapitato. L'8 agosto 2015 Papa Francesco ha riconosciuto il suo martirio con apposito decreto della Congregazione delle Cause dei Santi.
Papa Francesco ha ricevuto sabato 8 agosto 2015 il prefetto per le Cause dei Santi, il cardinale Angelo Amato, sdb; nel corso dell’udienza il Santo Padre ha autorizzato la Congregazione a promulgare il decreto riguardante il martirio del servo di Dio Flaviano Michele Melki (al secolo: Giacomo), della Fraternità di Sant’Efrem, vescovo di Djézireh dei Siri. Melki (o Malke, secondo un’altra traslitterazione) fu ucciso «in odium fidei» dai soldati turchi a Djézireh (attuale Turchia) il 29 agosto 1915.
Il crimine fu commesso durante il genocidio compiuto dal «Triumvirato» contro gli armeni e le altre minoranze cristiane dell’impero ottomano. Nel 2010 il patriarca Siro cattolico ha avviato la procedura per la beatificazione di Melki. Nel 2012 il patriarcato investì Roma del caso, e il Vescovo martire fu proclamato servo di Dio, il primo gradino verso gli altari.
Melki nacque vicino a Mardin, nell’attuale Turchia sud-orientale. Divenne Prete della Chiesa Siro-cattolica, e viveva a Tur Abdin. Nel 1895 conobbe in maniera drammatica l’esperienza della persecuzione religiosa. In quel periodo infatti i cristiani della Cilicia e di altre zone dell’Impero ottomano furono vittime di massacri su larga scala. Durante le violenze del 1895 la sua chiesa fu saccheggiata e bruciata, e sua madre uccisa.
In seguito fu nominato Vescovo di Mardin e Gazarta. Le biografie ne parlano come di un Presule di grande fede e virtù cristiane. Il 24 aprile del 1915 con i massacri di Istanbul il Triumvirato lanciò
l’operazione di genocidio, diretta contro armeni, assiri e greci, cioè le minoranze cristiane.
Nell’estate del 1915 Melki si trovava ad Azakh, ma avendo notizia di ciò che stava per accadere alla sua diocesi tornò a Gazarta e si rifiutò di fuggire, a dispetto del consiglio degli amici musulmani del posto.  
Secondo «The forgotten genocide: eastern christians, the last Arameans», fu arrestato insieme a quattro dei suoi sacerdoti, e al vescovo caldeo Jacques Abraham, con i suoi preti. Due mesi più tardi furono condotti in catene in un luogo fuori città, chiamato Chamme Suss.
Secondo le testimonianze di musulmani del posto fu chiesto loro di convertirsi all’islam. Rifiutarono. Abraham fu ucciso con un colpo d’arma da fuoco, Melki fu battuto fino a fargli perdere conoscenza e decapitato.

(Autore: Marco Tosatti - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Flaviano Michele Melki, pregate per noi.

*Beato Francesco Monzon Romeo - Sacerdote Domenicano, Martire (29 Agosto)
Schede dei gruppi a cui appartiene:
“Beati Martiri Spagnoli Domenicani d'Aragona”
“Beati 233 Martiri Spagnoli di Valencia Beatificati nel 2001”
“Martiri della Guerra di Spagna”
Híjar, Spagna, 29 marzo 1912 - 29 agosto 1936
Martirologio Romano:
Nel villaggio di Híjar presso Teruel sempre in Spagna, Beato Francesco Monzón Romeo, sacerdote dell’Ordine dei Predicatori e martire, che nella stessa persecuzione confermò con il sangue la sua fedeltà al Signore.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Francesco Monzon Romeo, pregate per noi.

*Beati Giovanni da Perugia e Pietro da Sassoferrato - Martiri francescani (29 Agosto)
† Valencia, Spagna, 29 agosto 1231
Martirologio Romano:
A Valencia in Spagna, Beati martiri Giovanni da Perugia, sacerdote, e Pietro da Sassoferrato, religioso, entrambi dell’Ordine dei Minori, che per aver predicato la fede tra i Mori di Valencia furono decapitati, per ordine del re, sulla pubblica piazza, ricevendo la palma del martirio.
Giovanni da Perugia, sacerdote, e Pietro da Sassoferrato, fratello laico, furono inviati da San Francesco d’Assisi in Spagna, secondo alcuni cronisti, nel 1217, nella spedizione diretta da fra Bernardo di Quintavalle o nel 1220, secondo altri. Fondatori del convento di Teruel (1220), andorono poi a Valenza per esercitare il ministero tra gli schiavi cristiani.
Infiammati un giorno di santo zelo, si misero a predicare la verità del Vangelo e a ribattere gli errori dell’islamismo sulla pubblica piazza.
Incarcerati dal re o governatore Ceid Abu Zeyd, e fermi nella loro fede, furono decapitati.
Molto discussi sono il luogo del martirio (probabilmente nella piazza detta Figuera, Higuera, e poi Plaza de la Reina) e la data, che tradizionalmente viane fissata il 29 agosto 1231 e che da altri è anticipata al 1227-28.
Ci sono però valide ragioni in favore di una data ancora posteriore al 1228 (e molto probabilmente il 1221) perché Ceid Abu Zeyd, che la leggenda vuole poi essersi convertito per l’intercessione dei
martiri e aver ceduto un suo palazzo per convento ai frati dopo la conquista di Valenza (1238), era stato deposto dal suo avversario Zaen (Abenzeyan) prima del 1228.
Le reliquie dei beati martiri, riscattate prima ancora della conquista di Valenza, furono collocate nella chiesa del convento francescano di Teruel, dove rimasero fino al 1835, data in cui furono trasferite alla chiesa di Santa Chiara, tornando nel 1900 al convento dei Francescani, nuovamente edificato.
Il culto è da considerarsi immemorabile in Aragona, a Valenza, e soprattutto a Teruel, che li onora come compatroni e speciali protettori contro il flagello delle cavallette.
In seguito ai decreti di Urbano VIII, per ottenere la beatificazione formale, furono compilati dei processi apostolici (1611-28, 1693-97).
Approvato il culto da Clemente XI il 31 gennaio 1705, Benedetto XIII concesse nel 1727 l’Ufficio proprio per la città di Teruel, fissando la festa dei martiri al 3 settembre.
Questa festa liturgica veniva celebratadalle varie famiglie francescane il 1° o il 3 settembre, fino alla riforma liturgica del 1961.

(Autore: Isidoro da Villapadierna - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beati Giovanni da Perugia e Pietro da Sassoferrato, pregate per noi.

*Beato Josè Almunia Lòpez-Teruel - Sacerdote e Martire (29 Agosto)
Scheda del Gruppo a cui appartiene:
"Beati 115 Martiri spagnoli di Almería" Beatificati nel 2017
"Santi, Beati e Servi di Dio Martiri nella Guerra di Spagna" Vittime della persecuzione religiosa - Senza Data (Celebrazioni singole)

Tíjola, Spagna, 18 marzo 1870 – Turón, Spagna, 29 agosto 1936

José Almunia López-Teruel nacque a Tíjola, in provincia e diocesi di Almería, il 18 marzo 1870. Fu ordinato sacerdote il 23 giugno 1893.
Era parroco della parrocchia di Cuevas de Almanzora quando morì in odio alla fede cattolica il 29 agosto 1936 nelle vicinanze di Rioja, in provincia di Almería.
Inserito in un gruppo di 115 martiri della diocesi di Almeria, del quale fa parte anche suo fratello don Alfredo, è stato beatificato ad Aguadulce, presso Almería, il 25 marzo 2017.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Josè Almunia Lòpez-Teruel, pregate per noi.

*Beato Josefa Monrabal Montaner - Vergine e Martire (29 Agosto)
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
"Beati Martiri Spagnole Suore di San Giuseppe di Gerona" - Senza data (Celebrazioni singole)
"Santi, Beati e Servi di Dio Martiri nella Guerra di Spagna" Vittime della persecuzione religiosa - Senza Data (Celebrazioni singole)

Gandía, Spagna, 3 luglio 1901 – Xeresa, Valencia, Spagna, 29 agosto 1936

Josefa Monrabal Montaner, nativa di Gandía in Spagna, maturò la sua vocazione religiosa tramite il servizio ai poveri e la frequentazione delle Figlie di Maria. All’arrivo nella sua città di una comunità delle Suore di San Giuseppe di Gerona, fu conquistata dal loro stile di vita e, dopo aver affrontato un periodo difficile per via del diniego del padre, ne entrò a far parte cominciando il noviziato il 18 marzo 1929; professò i voti perpetui cinque anni dopo. Allo scoppio della guerra civile spagnola tornò nella sua città per rifugiarsi da sua madre.
Dopo aver trovato sua madre ed essere venuta a sapere che la superiora della comunità, madre Fidelia (al secolo Dolores) Oller Angelats, era stata messa al sicuro in un’abitazione privata, la raggiunse. Non l’abbandonò nemmeno quando entrambe furono scoperte dai miliziani.
Furono fucilate il 29 agosto 1936 a Xeresa.
Sono state beatificate insieme alla consorella Faconda Margenat Roura (al secolo Caterina, uccisa a Barcellona tre giorni prima), il 5 settembre 2015, nella cattedrale di Santa Maria Assunta a Gerona. I resti mortali di madre Fidelia e suor Josefa sono venerati presso la cappella della comunità delle Suore di San Giuseppe di Gerona a Gandía.
Josefa Monrabal Montaner nacque il 3 luglio 1901 a Gandía, nella parte meridionale della provincia di Valencia in Spagna. Era la penultima del sei figli di Vicente Monrabal Puig, di professione conciapelli, e Clara Montaner Chafer.
Fu battezzata nella parrocchia di San Giuseppe del Arrabal il giorno stesso della nascita, mentre il 27 luglio ricevette il sacramento della Confermazione nella chiesa Collegiata per mano del vescovo di Teruel, monsignor Juan Comes Vidal.
Trascorse l’infanzia giocando con molta vivacità con le altre bambine del suo quartiere. Frequentò la scuola, dove imparò a leggere, scrivere e far di conto. Dalla madre imparò le attività tipiche femminili. I familiari la circondarono di affetto, specie quando cadde malata di varicella, in quanto avevano già perso due figli in tenera età; fortunatamente, si riprese.
Le sue amiche raccontavano che Pepita, così era soprannominata, era molto generosa: suo padre le regalava del denaro perché comprasse dei dolciumi o andasse al cinema, però lei lo dava ai poveri,
senza che lui se ne accorgesse.
Si preparò con zelo ed entusiasmo a ricevere la Prima Comunione, assistendo alla catechesi in parrocchia, completata con l’aiuto della madre, con la quale condivideva ciò che aveva imparato.
Continuò la propria formazione entrando tra le Figlie di Maria della sua parrocchia; in seguito divenne anche catechista. Si distingueva per la sua umiltà e per la carità che mostrava verso tutti. Era comunque una ragazza molto socievole, che prendeva parte alle feste di quartiere e alle rappresentazioni teatrali.
La sua vita serena ebbe uno scossone nel 1918 con la morte di Vicente, suo fratello maggiore, a 29 anni, che lasciava la moglie e tre figli in tenera età. Josefa, diciassettenne, fece da seconda mamma ai nipotini, mentre la loro madre andava a lavorare per pesare di meno sul bilancio della famiglia del marito, che l’aveva accolta. Quando la più piccola dei nipoti, Sara, fu in età da Prima Comunione, si trasferì coi fratelli e la madre presso i nonni materni.
Josefa, rimasta più libera, poté dedicarsi ad altri passatempi: imparò a ricamare prima a mano, poi con la macchina da cucire.
La domenica mattina, dopo la Messa, andava a visitare gli ammalati del quartiere e altri di sua conoscenza. Parlava con loro, li assisteva e osservava la situazione in cui si trovavano per fornire loro vestiario, medicine, alimenti e quant’altro potesse servire. La sera si recava nella scuola retta dalle Carmelitane, anche se non ne era alunna, per passare del tempo con altre ragazze.
Sperava di poter entrare in quel convento perché ammirava la dedizione delle monache verso le giovani, ma suo padre si oppose perché diceva di aver bisogno di lei. Di fronte alla sua insistenza, rispose: «Ho soltanto una figlia e quanto le voglio bene!».
A quel punto, Josefa si affidò alla volontà di Dio, certa che al momento opportuno si sarebbe rivelata. Intanto, continuò a vivere in famiglia e a esercitare le sue opere di carità.
Il 4 giugno 1927 arrivarono a Gandía le Suore di San Giuseppe di Gerona, per l’assistenza domiciliare dei malati. Il gruppo era composto dalla superiora, madre Fidelia (al secolo Dolores) Oller Angelats, e da sei consorelle. Ben presto socializzarono coi cittadini, i quali le aiutarono in tutto. La stessa Josefa, che aveva 26 anni, si diede da fare insieme ad altre donne per procurare loro il necessario per vivere e, nel frattempo, s’interrogava se che Dio la chiamasse a servirlo come loro. Madre Fidelia, con la quale aveva stretto un intenso legame, si accorse del suo dissidio interiore e le fu vicina.
Il 9 marzo 1928, per un’emorragia cerebrale, morì il signor Vicente, padre di Josefa.La madre sopportò cristianamente l’accaduto e incoraggiò in tal senso i figli, in particolare lei che, essendo la minore, era amatissima da lui. Un ulteriore sostegno le venne dall’amicizia con le suore.
Josefa continuò a vivere con la madre, che tuttavia, dopo alcuni mesi dal lutto, l’esortò a seguire la sua strada. I fratelli avrebbero preferito di no, ma, siccome le volevano un gran bene, acconsentirono. La giovane fu così contenta che organizzò una festicciola per le sue amiche, alle quali aveva confidato più di una volta le sue aspirazioni. Molte rimasero impressionate dal suo contegno: «Pepita era raggiante, con una gioia che non arrivavamo a comprendere».
Nel mese di settembre 1928, Josefa entrò nell’Istituto delle Suore di San Giuseppe, che il 7 aprile, quell’anno vigilia di Pasqua, ricevette il Decreto di approvazione pontificia, datato però al 16 gennaio. Per cominciare il noviziato, tuttavia, dovete aspettare l’approvazione del vescovo di Gerona per via del fatto che aveva più di 25 anni, età massima per l’ingresso. Una volta ottenuta, iniziò il suo percorso il 18 marzo 1929, stesso periodo in cui vennero instaurate le nuove Costituzioni.
Compì la sua prima professione il 18 marzo 1931, dopo la quale venne destinata a Villarreal. Alcuni mesi prima della professione perpetua, rientrò in Casa madre per gli Esercizi spirituali in preparazione di quel passo solenne, compiuto il 18 marzo 1934, poi tornò a Villarreal, dove si trovava allo scoppio della guerra civile spagnola.
Inizialmente, le autorità municipali rispettarono le suore e consentirono loro di servire i malati, ma senza segni religiosi esterni: assunsero quindi abiti secolari e rimasero a vivere nella loro casa. Poco tempo dopo, comunque, la situazione si volse al peggio: gruppetti di rivoluzionari le spinsero a lasciare la casa armi in pugno.
Non permisero loro di prelevare nulla e diedero fuoco alla cappella, con tutto quel che conteneva.
Una volta dissolta la comunità, le sue componenti si rifugiarono in case di familiari e a Castellón, nella clinica operatoria San Giuseppe, dove le Suore di San Giuseppe avevano un’altra comunità. Di fronte a quella condizione di pericolo, suor Josefa andava dicendo: «Quanto mi piacerebbe essere martire, offrire la mia vita per la conversione dei peccatori e la salvezza della Spagna, se è volontà di Dio!».
La superiora generale dell’Istituto, madre Elena Campmol, inviò alle comunità una circolare dove le autorizzava a rifugiarsi presso i familiari o in altri luoghi sicuri fino a nuovo avviso. Suor Josefa pensò allora di tornare a casa a Gandía, che era nelle vicinanze; con lei, suor Maria Cortés.
Suor Fortunata Parés, che risiedeva a Castellón, mise all’erta entrambe circa il pericolo cui andavano incontro, ma lei rispose serenamente: «Se ci uccidono, saremo delle martiri».
Una volta raggiunta la madre, suor Josefa si nascose da lei, aiutandola nelle faccende domestiche e, in pari tempo, assistendo una giovane farmacista che aveva un bambino piccolo e alla quale era stato ucciso il marito da qualche giorno.
Appena possibile, la suora, insieme a sua madre, andò a trovare le consorelle: le trovarono impaurite per via delle perquisizioni da parte dei miliziani. Chiese di madre Fidelia Oller Angelats, che era ancora la superiora, ma non si trovava più lì. Indirizzata dalle altre suore al suo rifugio, le chiese di rifugiarsi in casa di suo fratello Andrés. Di fronte a quell’insistenza, lei dovette cedere.
Nel nuovo ricovero le due religiose trascorsero pochi giorni, senza mai uscire, continuamente immerse nella preghiera.
Per i pasti, calavano un cestino al piano inferiore e lo tiravano su quando arrivava il cibo da parte della madre di suor Josefa.
In una notte di agosto, mentre la famiglia che abitava al piano di sotto stava cenando sulla porta di casa, si presentarono alcuni miliziani, scesi da un’automobile tristemente nota come "La Pepa". Impaurito dalle loro minacce, il capofamiglia, José María Aparisi, li lasciò forzare la porta delle scale: salirono al piano superiore e prelevarono le suore, le quali, al sentirli arrivare, aprirono
personalmente. Furono caricate sull’auto con tale violenza che a madre Fidelia fu spezzato un braccio.
I persecutori volevano portar via solo la madre superiora, ma suor Josefa non voleva separarsi da lei. Fu avvertita di non farlo, perché rischiava di fare la sua stessa fine, ma ribatté: «Dove va la madre vado anch’io, non l’abbandono». Con loro fu catturato il signor Aparisi, poi rilasciato lungo la strada grazie a "El Reyet", un miliziano che lo conosceva.
La vettura, giunta all’incrocio tra la strada per Valencia e quella per Xeresa, nel punto detto "La Crehueta", si fermò. In quello stesso luogo le suore furono colpite: madre Fidelia fu raggiunta da uno sparo nella spalla e da uno nella tempia destra, mentre suor Josefa ebbe una forte emorragia per essere stata ferita sul lato sinistro del collo e nella regione lombare.
I vicini, che si erano rifugiati in casa per paura, udirono gli spari nella notte; poco dopo, qualcuno avvertì dei gemiti di dolore, poi più nulla. Al mattino dopo, trovarono i cadaveri delle due suore, che rimasero sul luogo del martirio fino al mattino inoltrato del 30 agosto 1936. A mezzogiorno, furono prelevati per essere sepolti nel cimitero di Xeresa.
Terminata la guerra, nel 1939, i resti delle due religiose vennero riesumati e collocati nel cimitero di Gandía. Attualmente si trovano nella cappella della comunità delle Suore di San Giuseppe di Gerona a Gandía.
La causa di beatificazione di madre Fidelia e suor Josefa fu unita a quella di suor Faconda (al secolo Catalina) Margenat Roura, morta come loro verso la fine dell’agosto 1936, ma nei pressi di Barcellona. Ottenuto il trasferimento dalla diocesi di Barcellona il 18 maggio 2001 e il nulla osta da parte della Santa Sede due settimane dopo, fu avviata l’inchiesta diocesana a Valencia, durata dal 24 novembre 2001 all’11 gennaio 2003 e convalidata il 28 marzo 2003.
La "Positio super martyrio" fu trasmessa alla Congregazione vaticana per le Cause dei Santi nel 2004.
A seguito del congresso peculiare dei consultori teologi, il 10 dicembre 2013, e della sessione dei cardinali e vescovi membri della Congregazione, Papa Francesco ha firmato il 22 gennaio 2015 il decreto che riconosce tutte e tre le suore come martiri.
La loro beatificazione si è svolta il 5 settembre 2015 nella cattedrale di Santa Maria Assunta a Gerona, presieduta dal cardinal Angelo Amato come inviato del Santo Padre.

(Autore: Emilia Flocchini – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Josefa Monrabal Montaner, pregate per noi.

*Beato Ludovico Vulfilacio Huppy - Martire (29 Agosto)

Martirologio Romano: Nel braccio di mare al largo di Rochefort in Francia, Beato Ludovico Vulfilacio Huppy, sacerdote e martire, che durante la rivoluzione francese fu disumanamente detenuto per il suo sacerdozio in una sordida nave, dove morì consunto da malattia.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Ludovico Vulfilacio Huppy, pregate per noi.

*Santa Maria della Croce (Giovanna Jugan) - Fondatrice delle Piccole Suore dei Poveri (29 Agosto)  
Cancale, Francia, 25 ottobre 1792 - La Tour-St-Joseph, Francia, 29 agosto 1879
Nel giorno del martirio di Giovanni il Battista la Chiesa ricorda anche la Beata Giovanna Maria della Croce, fondatrice delle Piccole suore dei poveri. Era nata come Giovanna Jugan a Cancale, in Francia, nel 1792. Il padre pescatore morì in mare quando lei aveva quattro anni. Fece la domestica in un castello e cominciò a sviluppare la sua vocazione: aiutare gli anziani soli.
A 25 anni lasciò il paese e entrò come infermiera nell'ospedale di Saint-Servan. Nel frattempo aderì al Terz'ordine della Madre Ammirabile, fondato da san Giovanni Eudes. Con l'amica Francesca Aubert affittò una casa e cominciò ad accogliervi vecchi soli e malati. Il nucleo della Congregazione. Per delle incomprensioni venne, poi, destituita dal ruolo di superiora e passò gli ultimi anni come questuante. Morì nel 1879. È Beata dal 1982.  (Avvenire)

Martirologio Romano: Presso Rennes in Francia, beata Maria della Croce (Giovanna) Jugan, vergine, che per mendicare offerte per i poveri e per Dio fondò la Congregazione delle Piccole Sorelle dei Poveri, ma ingiustamente allontanata dal governo dell’Istituto, passò i restanti anni della sua vita in preghiera e umiltà.
Fondatrice delle Piccole Suore dei Poveri. Nacque a Cancale (Francia) il 25 ottobre 1792 nel periodo della Rivoluzione Francese scoppiata da tre anni, il padre era assente, essendo impegnato nella
grande pesca di Terranova insieme agli altri uomini di questo paese di pescatori; venne battezzata lo stesso giorno.
Circa quattro anni dopo il padre scompare in mare, sorte abbastanza frequente di tanti altri marinai di Cancale e la famiglia composta dalla madre e da sei figli si trova nella ristrettezza più assoluta ma la povertà viene vissuta con dignità e coraggio, intessuto nella fede e nell’amor di Dio.
Jeanne intraprende le mansioni di aiuto-cuoca e domestica in un castello lì vicino e poi proseguirà negli anni a venire il lavoro di assistente e aiuto a persone sole.
A 18 anni rifiuta la proposta di matrimonio di un giovane marinaio, rifiuto che rinnoverà sei anni dopo ad una sua seconda richiesta, non si sente portata per il matrimonio, ma non sa ancora quale strada scegliere.
A 25 anni lascia Cancale per Saint-Servan ed entra nel locale ospedale come infermiera e lì resterà per sei anni assistendo anche un anziano sacerdote malato e poi come aiuto in farmacia.
Entra nel contempo nell’Associazione del Terz’Ordine della Madre Ammirabile fondata nel XVII secolo da s. Giovanni Eudes. Lasciato nel 1823 l’ospedale, si occupa come infermiera e compagnia presso la signorina Lecoq a Saint-Servan, resterà per 12 anni più come amica che infermiera, nel 1835 la signorina Lecoq muore lasciando a Jeanne i suoi risparmi e il mobilio.
Rimasta sola si associa con una sua amica Francesca Aubert e prendono in affitto un appartamento che servirà ad accogliere per prima una anziana cieca e malata e poi man mano altre vecchiette bisognose e sole, altre amiche le si affiancano nell’aiuto e così sorge il primo gruppo formante un’Associazione per i poveri, sotto il consiglio del rev. vicario di Saint-Servan.
Il 1° ottobre 1841 Jeanne e le compagne lasciano l’appartamento e si trasferiscono in un pianterreno in rue La Fontaine che permetterà di accogliere dodici persone anziane.
Inizia poi la questua fra la popolazione, cosa che farà personalmente e che continuerà fino alla morte, compra con l’aiuto di una agiata commerciante, un antico convento che diverrà la loro sede, viene eletta superiora e adottano per il gruppo il nome di “Serve dei Poveri”, con l’assistenza dell’Ordine ospedaliero di s. Giovanni di Dio. Sorgono poi delle incomprensioni negli anni successivi, per cui viene deposta dall’incarico ed ella si ritira come semplice suora questuante, dopo aver contribuito all’allargamento dell’opera fondando altre case e dopo aver ricevuto anche il premio Montyon di 3000 franchi dall’Accademia di Francia.
Resterà nel nascondimento fra le novizie per oltre venti anni, plasmando le anime delle nuove suore e dedicandosi alla questua per la Congregazione.
Viene fatto credere che lei è la terza Piccola Sorella, alla sua morte avvenuta il 29 agosto 1879 a Tour nella Casa madre, poche sorelle sapevano che lei era la fondatrice, la verità venne alla luce a partire dal 1902. Ebbe comunque la gioia di vedere la sua opera ingrandirsi al punto che alla sua morte nel 1879 si contavano 2400 Piccole Sorelle sparse in tante case di accoglienza per anziani in 30 Stati del mondo.
E’ stata beatificata il 3 ottobre 1982 da papa Giovanni Paolo II. Infine Benedetto XVI l'ha canonizzata l'11 ottobre 2009.

(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Maria della Croce, pregate per noi.

*San Massimiano di Vercelli - Vescovo (29 Agosto)  

† Vercelli, 478
San Massimiano è il nono della serie dei vescovi vercellesi, all’epoca dei barbari. Morì nel 478.
Il nome di questo santo vescovo vercellese non è mai stato inserito nel Martirologio Romano, ma proprio l’ultima edizione di quest’ultimo indica come sia legittimo il culto quali “Santi” e “Beati” di quei personaggi cui questi titoli sono stati riconosciuti nei calendari e cataloghi diocesani.
Emblema: Mitra, Pastorale

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Massimiano di Vercelli, pregate per noi.

*San Mederico - Venerato a Parigi (29 Agosto)  
Martirologio Romano:
A Parigi nel territorio della Neustria, in Francia, San Mederíco, sacerdote e abate di Autun, che visse in una cella vicino alla città.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Mederico, pregate per noi.

*Beato Pietro Asua Mendia - Sacerdote e Martire (29 Agosto)  
Valmaseda, Spagna, 30 agosto 1890 - Liendo, Spagna, 29 agosto 1936
Don Pedro Asúa Mendía fu un sacerdote della diocesi di Vitoria, nei Paesi Baschi. Nato il 30 agosto 1890, si laureò in architettura. Nel 1919 entrò in seminario e il 14 giugno 1924 fu ordinato prete. Esercitò il ministero con una particolare attenzione verso i giovani e i più bisognosi. Mettendo a frutto le sue competenze, si occupò della costruzione di numerosi edifici di culto, incluso il nuovo Seminario della sua diocesi. Quando iniziò la persecuzione durante la guerra civile spagnola, continuò la sua missione nonostante le perquisizioni e gli arresti. Il 25 agosto, dopo aver celebrato la sua ultima Messa, fu costretto alla fuga, ma venne catturato e ucciso a colpi di pistola sul monte Candina a Liendo, in Cantabria, il giorno prima del suo quarantaseiesimo compleanno. È stato beatificato per decreto di papa Francesco il 1° novembre 2014. I suoi resti mortali riposano presso il Seminario diocesano di Vitoria.
Pedro Asúa Mendía nacque a Valmaseda (in basco, Balmaseda) il 30 agosto 1890, quinto figlio di Isidro Luis Asúa y San Millán, avvocato, e Francisca Mendía y Conde. Venne battezzato a pochi giorni dalla nascita nella chiesa parrocchiale di San Severino.
A quattro anni venne iscritto alla scuola del suo paese tenuta dalle Figlie della Croce; sei anni dopo, andò a studiare nel collegio dei Gesuiti di Orduña, concludendo gli studi secondari nel 1906.
Dall’ottobre 1906 al dicembre 1914 studiò architettura a Madrid. Nel 1911 intraprese un viaggio di studi, per osservare da vicino alcune realizzazioni dello stile liberty. Ad esempio, espresse queste considerazioni circa la Sagrada Familia di Gaudí: «A parer mio, è un’opera accurata quanto alla soluzione del problema architettonico, tuttavia lo stile gotico scompare a volte per la genialità dell’autore, che lotta contro le leggi elementari dell’architettura».
L’11 marzo 1915 ottenne il titolo di architetto e, nello stesso anno, intraprese il progetto del “Coliseo Albia” di Bilbao. Due anni dopo si occupò della costruzione delle scuole Mendia, nella sua Valmaseda (un centro di studi che prendeva il nome da suo zio, Martín Mendia), che furono terminate nell’autunno 1920.
Negli anni di studio rimase molto legato alla famiglia e non perse di vista la sua relazione con Dio: a dimostrazione di ciò, avviò a Valmaseda l’adorazione notturna. Per sperimentare in maniera più radicale il suo desiderio di seguire il Signore, a ventinove anni prese la decisione di lasciare la carriera architettonica per diventare sacerdote diocesano.
Nell’ottobre 1920, quindi, entrò nel Seminario della diocesi di Vitoria, dopo aver studiato latino a Gordejuela. All’inizio frequentò come esterno, vivendo a casa del cuoco del Seminario: in un solo anno compì interamente il corso di Filosofia. Studiò Teologia dapprima a Madrid, poi nuovamente a Vitoria, stavolta come interno.
Ordinato suddiacono nel dicembre 1923, accompagnò dopo un breve periodo di ferie il Rettore, don Ramon Laspiur, a visitare il Seminario di Bayonne, in vista della realizzazione di una nuova struttura analoga a Vitoria. Al suo ritorno, il vescovo monsignor Mateo Mújica Urrestarazu l’incaricò di progettare la nuova sede. Perciò, trascorse mesi e mesi tenendo in parallelo gli studi, la preparazione agli Ordini maggiori e la realizzazione dei progetti.
Dopo l’ordinazione sacerdotale, avvenuta il 14 giugno 1924, gli venne chiesto di dirigere anche i lavori effettivi. Don Pedro accettò per obbedienza, poiché aveva deciso di abbandonare l’architettura dopo aver scelto il sacerdozio. Per lo stesso motivo accettò, nel 1929, la nomina ad Architetto diocesano. Portò quindi avanti altre realizzazioni: la scuola di Getxo, la chiesa di Nostra Signora degli Angeli a Romo e la chiesa di San Cristoforo a Vitoria; il nuovo Seminario, invece, fu pronto nel 1930.
Quanto al ministero effettivo, l’esercitò a Valmaseda, aiutando il parroco in particolare nella pastorale giovanile, organizzando ad esempio un gruppo di Azione Cattolica. Inoltre, era impegnato
nella predicazione di ritiri ed esercizi spirituali. Gli impegni interminabili non gli impedivano di aprire la sua porta a quanti avessero bisogno di lui: poveri, disoccupati, malati sapevano di poter trovare in lui un sollievo sicuro. A tal punto era loro vicino da meritarsi l’appellativo di “El paño de lágrimas”, ossia “fazzoletto per le lacrime”.
Nominato Cameriere segreto soprannumerario di papa Pio XI, rifuggì dagli onori di quella carica, tanto che si dice abbia indossato una volta sola i relativi paramenti. In breve, aveva pienamente incarnato l’ideale presentato in quegli anni da don Rufino Aldabalde, animatore del cosiddetto “movimento sacerdotale di Vitoria” e fondatore dell’Instituto de Misioneras Seculares: «Solo sacerdote, sacerdote sempre e in tutto sacerdote».
Come tutti i sacerdoti del suo tempo, tuttavia, dovette subire gli effetti della persecuzione esplosa con l’inizio della guerra civile spagnola. Era consapevole di aver di fronte la prospettiva del martirio, come apparve in molteplici occasioni. Ad esempio, al termine di uno degli interrogatori cui venne sottoposto, dichiarò: «Dobbiamo stare pronti, se è necessario, a essere martiri».  A qualcuno che, nel vederlo indossare la veste talare a rischio di essere arrestato, gli suggeriva cautela, dichiarò: «Tutti sanno che sono un sacerdote: se mi catturano, sarà volontà di Dio». Infine, nell’agosto 1936, quando apprese della morte di cinquantuno Clarettiani a Barbastro (beatificati nel 1992), esclamò: «Che io possa essere come loro!».
Il momento tanto sperato avvenne non molto tempo dopo il loro martirio. Il 25 agosto don Pedro celebrò la Messa per l’ultima volta: per sfuggire ai miliziani del suo paese, dovette rifugiarsi a Sopuerta, nei pressi di Valmaseda e, due giorni dopo, a Erandio, passando per Bilbao. Tuttavia, il 28 venne raggiunto e catturato. Senza subire processo né incarceramento, venne condotto presso il monte Candina a Liendo, in Cantabria, il 29 agosto 1936. Prima che gli venissero sparati due colpi, alla testa e alla spalla, benedisse i suoi uccisori: «Dio vi perdoni, come io vi perdono nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo». Stava per compiere quarantasei anni ed era sacerdote da dodici.
Il suo cadavere venne ritrovato da un pastore in un canale, alcune settimane dopo. Il riconoscimento venne dato da due indizi: un orologio, con incise le iniziali “P. A.” e la frase “Ricordo della famiglia Sota. Sopuerta 1931” (un regalo ricevuto per ringraziarlo delle opere realizzate nella chiesa di Mercadillo a Sopuerta) e la sua penna stilografica da cui non si separava mai. I suoi resti mortali, riesumati il 31 luglio 1938 e sepolti presso la tomba di famiglia a Valmaseda, vennero traslati nel 1956 presso la cappella del Seminario da lui ideato e costruito.
La sua memoria venne strumentalizzata dal regime franchista, che tentò di tramutarlo in un difensore della Repubblica. Il suo vero martirio, in odio alla fede, venne analizzato nel corso del suo processo canonico, aperto in diocesi di Vitoria il 14 maggio 1964. Il 27 gennaio 2014 è stato reso noto il decreto con cui papa Francesco lo dichiarava ufficialmente martire. La cerimonia della sua beatificazione si è svolta sabato 1° novembre 2014, presieduta dal cardinal Angelo Amato come inviato di Sua Santità, presso la concattedrale di Maria Immacolata a Vitoria.

(Autore: Emilia Flocchini - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Pietro Asua Mendia, pregate per noi.

*Beati Pietro Romero e Ferdinando de Incapié - Mercedari (29 Agosto)  

Missionari in Perù, i Beati Pietro Romero e Ferdinando de Incapié, evangelizzarono e convertirono alla fede di Cristo gli esmeraldi ed il loro Re ed una moltitudine di indigeni.
Illustri per la santità della vita gloriosamente andarono nella pace del Signore, nonostante che siano morti nelle più lontane regioni del mondo non solo sono ricordati nel convento massimo di Lima ma i loro nomi sono conosciuti in tutto l'Ordine Mercedario.
L'Ordine li festeggia il 29 agosto.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beati Pietro Romero e Ferdinando de Incapié, pregate per noi.

*Beato Riccardo Herst - Martire (29 Agosto)
Preston (Lancaster), sec. XVI - Lancaster, 29 agosto 1628
Etimologia:
Riccardo = potente e ricco, dal provenzale
Emblema: Palma
Martirologio Romano: A Lancaster in Inghilterra, beato Riccardo Herst, martire, che, padre di famiglia e contadino, fu falsamente accusato di omicidio e condannato all’impiccagione per la sua fede in Cristo sotto il re Carlo I.
La storia delle persecuzioni anticattoliche in Inghilterra, Scozia, Galles, parte dal 1535 e arriva al 1681; il primo a scatenarla fu come è noto il re Enrico VIII, che provocò lo scisma d’Inghilterra con il distacco della Chiesa Anglicana da Roma.
Artefici più o meno cruenti furono oltre Enrico VIII, i suoi successori Edoardo VI (1547-1553), la terribile Elisabetta I, la ‘regina vergine’ († 1603), Giacomo I Stuart, Carlo I, Oliviero Cromwell, Carlo II Stuart.
Morirono in 150 anni di persecuzioni, migliaia di cattolici inglesi appartenenti ad ogni ramo sociale, testimoniando il loro attaccamento alla fede cattolica e al papa e rifiutando i giuramenti di fedeltà al re, nuovo capo della religione di Stato.
Primi a morire come gloriosi martiri, il 4 maggio e il 15 giugno 1535, furono 19 monaci Certosini, impiccati nel tristemente famoso Tyburn di Londra, l’ultima vittima fu l’arcivescovo di Armagh e primate d’Irlanda Oliviero Plunkett, giustiziato a Londra l’11 luglio 1681.
L’odio dei vari nemici del cattolicesimo, dai re ai puritani, dagli avventurieri agli spregevoli ecclesiastici eretici e scismatici, ai calvinisti, portò ad inventare efferati sistemi di tortura e sofferenze per i cattolici arrestati.
In particolare per tutti quei sacerdoti e gesuiti, che dalla Francia e da Roma, arrivavano clandestinamente come missionari in Inghilterra per cercare di riconvertire gli scismatici, per lo più essi erano considerati traditori dello Stato, in quanto inglesi rifugiatosi all’estero e preparati in opportuni Seminari per il rientro.
Tranne rarissime eccezioni come i funzionari di alto rango (Tommaso Moro, Giovanni Fisher, Margherita Pole) decapitati o uccisi velocemente, tutti gli altri subirono prima della morte, indicibili sofferenze, con interrogatori estenuanti, carcere duro, torture raffinate come “l’eculeo”, la “figlia della Scavinger”, i “guanti di ferro” e dove alla fine li attendeva una morte orribile; infatti essi venivano tutti impiccati, ma qualche attimo prima del soffocamento venivano liberati dal cappio e ancora semicoscienti venivano sventrati.
Dopo di ciò con una bestialità che superava ogni limite umano, i loro corpi venivano squartati ed i poveri tronconi cosparsi di pece, erano appesi alle porte e nelle zone principali della città.
Solo nel 1850 con la restaurazione della Gerarchia Cattolica in Inghilterra e Galles, si poté affrontare la possibilità di una beatificazione dei martiri, perlomeno di quelli il cui martirio era comprovato, nonostante i due-tre secoli trascorsi.
Nel 1874 l’arcivescovo di Westminster inviò a Roma un elenco di 360 nomi con le prove per ognuno di loro.
A partire dal 1886 i martiri a gruppi più o meno numerosi, furono beatificati dai Sommi Pontefici, una quarantina sono stati anche canonizzati nel 1970.
Di Riccardo Herst non si sa niente della sua nascita, egli era possidente terriero di Preston nel Lancaster e veniva insidiato dai protestanti per la sua fede cattolica.
Si era al tempo della persecuzione di re Giacomo I Stuart (1566-1625) di fede anglicana; il vescovo di Chester fedele al re, inviò tre suoi uomini per arrestarlo e lo trovarono a lavorare nei campi, ma i suoi contadini li costrinsero alla fuga.
Successe però che uno dei tre nello scappare, cadde e si fratturò una gamba, frattura che nel giro di trenta giorni lo portò alla morte, a questo punto Riccardo Herst fu arrestato con l’accusa di omicidio, fu un puro pretesto perché egli fu scagionato dallo stesso ferito prima di morire; era evidente che il vero motivo dell’arresto era la sua fede cattolica.
Infatti gli venne promessa la libertà se avesse prestato giuramento al re capo della religione di Stato e di mettersi al servizio protestante, ma Riccardo Herst rifiutò energicamente.
Allora per ordine dello sceriffo della contea, fu trascinato con la forza in chiesa per ascoltare il sermone, ma egli si turò le orecchie con le dita e appena poté ritornò alla prigione.
Ci sono pervenute tre sue lettere scritte al direttore spirituale, dove conferma la sua volontà di non cedere al peccato, si offre a Dio pienamente disposto alla sua volontà; chiede che vengano celebrate delle Messe per la sua anima, raccomanda i suoi figli e supplica che vengano pagati i suoi debiti.
Eroica figura di laico cattolico si avviò sereno al patibolo che baciò, con in mano un piccolo crocifisso recitò ad alta voce le preghiere; aiutò il boia a preparare la fune e infine venne impiccato a Lancaster il 29 agosto 1628.
Fu beatificato da Papa Pio XI il 15 dicembre 1929 insieme ad altri 106 martiri della persecuzione anglicana.

(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Riccardo Herst, pregate per noi.

*Santa Sabina - Martire (29 Agosto)
Sec. II
Patrizia romana del II secolo, uccisa in spregio alla fede allo stesso modo: decapitata. Nella sua «Passione» si legge che era una nobile pagana, moglie del senatore Valentino, convertitasi al cristianesimo per influenza dell’ancella Serapia. Con lei di notte scendeva nelle catacombe, dove i cristiani si riunivano clandestinamente per sfuggire alle persecuzioni imperiali.
Quando Serapia venne catturata e bastonata a morte, anche Sabina venne allo scoperto subendo il martirio intorno all’anno 120.
Le reliquie delle due martiri, insieme a quelle di Alessandro, Evenzio e Teodulo si trovano nella basilica di Santa Sabina all’Aventino, fondata nel 425 da Pietro d’Illiria, sui resti di un antico «Titulus Sabinae» (forse la santa, oltre che patrona, ne fu fondatrice e protettrice). San Domenico vi fondò il suo ordine nel 1219. Si può ancora vedere la sua cella, trasformata in cappella.
Nel chiostro del convento si può ammirare l’arancio che il santo avrebbe piantato alla fondazione dei Predicatori. Anche uno dei più celebri figli dei Domenicani, San Tommaso, ha insegnato in questo
convento. Santa Sabina viene raffigurata con libro, palma e corona.
Con questi ultimi due attributi compare in una delle sue prime rappresentazioni (VI secolo) nella chiesa di Sant’Apollinare Nuovo a Ravenna.  (Avvenire)

Patronato: Avezzano (AQ), Mariana Mantovana (MN)
Martirologio Romano: A Roma, commemorazione di Santa Sabina, la cui basilica costruita sull’Aventino reca il suo venerando nome.
Santa Sabina è una martire del II secolo che trova ancor oggi, come per tutti i martiri, luoghi a lei dedicati, dove la si invoca come protettrice.
Oltre la Basilica dell’Aventino a Roma, a lei dedicata anche la comunità parrocchiale della Chiesa arcipretale di Trigoso (risalente ai primordi del Cristianesimo in Liguria, quasi certamente del VII sec.) antico borgo nelle vicinanze di Sestri Levante, ridente cittadina sul mare, la invoca e la festeggia come sua Patrona e chiede, con umile e devoto affetto, la sua intercessione sulla parrocchia e sulle famiglie.
La implora di ottenere dal Signore il dono della preghiera, della vigilanza, della mortificazione e della fermezza e perseveranza nella fede e nel bene, ad imitazione della Sua Vita che fu segno della totale appartenenza a Dio. A lei dedicato è uno dei cinque altari, in stile barocco genovese.
Possa Santa Sabina indicare a tutti la via della salvezza che troviamo solo in Cristo e nel “martirio quotidiano” che non è necessariamente quello vissuto da Santa Sabina, ma è il saper accettare non solo le nostre debolezze, limiti ed imperfezioni, ma soprattutto quelle di coloro che ci stanno accanto e che spesso vorremmo cambiare a nostro piacimento non cercando tanto il Volere di Dio ma il nostro, possibilmente vivendo una vita comoda e senza problemi.
Gesù stesso però ci dice che per essere suoi discepoli bisogna prendere ogni giorno la propria croce e seguirlo.

(Autore: Giuliana Brugnoli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Sabina, pregate per noi.

*Beata Sancia Szymkowiak (29 Agosto)
Ostrów Wielkopolski, 10 luglio 1910 - 29 agosto 1942
Martirologio Romano:
A Poznań in Polonia, beata Sancia (Giovannina) Szymkowiak, vergine della Congregazione delle Figlie della Beata Maria Vergine Addolorata, che, sempre durante la guerra, si adoperò con ogni cura nell’assistenza ai carcerati.
Suor Sanzia Szymkowiak, nacque il 10 luglio 1910 a Moz?dz?anów (Ostrów Wielkopolski). Era la figlia più piccola di Agostino e Maria Duchalska che avevano dato alla luce altri quattro figli maschi, dei quali uno divenne sacerdote. Il giorno del battesimo ricevette il nome di Giannina. Dalla sua famiglia, agiata e profondamente credente, ricevette una solida educazione. Fin dalla prima giovinezza si distinse per l'eccezionale bontà e l'autentica devozione, affascinando con la sua serenità e semplicità.
Dopo la scuola superiore studiò presso la facoltà di lingue e letterature straniere all'Università di Poznan´, impegnandosi intensamente nella propria crescita intellettuale e spirituale. Prese parte attiva al Sodalizio Mariano, svolgendo un apostolato discreto ed efficace e trasmettendo ai giovani la gioia di vivere. Piena di attenzione verso tutti, in modo particolare sensibile verso i più deboli ed i sofferenti, si dedicò con fervore alle opere di carità nel quartiere più povero della città. L'Eucaristia era il centro e la fonte del suo grande zelo apostolico.
Da giovane si sentì chiamata alla vita religiosa. Nell'estate del 1934 partì per la Francia e, durante un
pellegrinaggio a Lourdes, decise di farsi suora affidandosi alla Vergine Immacolata. Nel giugno del 1936, superate diverse difficoltà, entrò tra le Figlie della B.M.V. Addolorata, meglio note come le “ Suore Serafiche ”, a Poznan´, assumendo il nome di Maria Sanzia. Fin dal principio si distinse per il grande zelo nell'osservanza delle Regole dell'Istituto e nell'esercizio dei servizi più umili. La sua vita, che apparentemente non aveva nulla di eccezionale, nascondeva una profonda unione con Dio, nella piena disponibilità ad esaudire la sua volontà in tutto, anche nelle faccende più modeste.
Durante l'occupazione tedesca Suor Sanzia, non approfittando del permesso di poter ritornare in famiglia per i pericoli e i disagi della guerra, rimase in convento insieme alle altre suore, sottoposta dai militari a durissimi lavori.
Docile alla volontà di Dio, infondeva attorno a sé pace e speranza, rappresentando per gli afflitti ed i sofferenti un valido sostegno ed un efficace conforto.
I prigionieri francesi ed inglesi, presso i quali prestava il proprio servizio in qualità di traduttrice, la chiamavano " angelo di bontà "e" Santa Sanzia".
Le enormi fatiche e le difficili condizioni del convento di Poznan´ misero a dura prova le sue forze e divenne vittima di una grave forma di tubercolosi alla laringe. Abbandonandosi nelle braccia amorevoli di Dio Padre offrì un fulgido esempio di serena sopportazione delle sofferenze.
Con gaudio professò i voti perpetui il 6 luglio 1942, profondamente unita con lo Sposo celeste, nell'ardente attesa della sua venuta al momento della morte, che giunse il 29 agosto dello stesso anno, quando aveva soltanto trentadue anni.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Sancia Szymkowiak, pregate per noi.

*San Sebbi - Re della Sassonia Orientale (29 Agosto)  
m. 694 circa
Martirologio Romano:
A Londra in Inghilterra, commemorazione di san Sebbo, che, re della Sassonia orientale molto devoto a Dio, lasciato il regno, volle morire vestendo l’abito monastico che aveva a lungo desiderato.
San Sebbi (noto anche con le varianti di Sebbe o Sebbo) regnò sulla Sassonia Orientale, regione dell’isola britannica comprendente l’Essex, l’Hertfordshire e la città di Londra. La sua incoronazione sarebbe avvenuta durante l’epidemia di peste che si verificò nell’anno 664.
Seghere, suo collaboratore nel governo, considerando tale tragedia quale segno d’ira da parte degli dèi pagani per la conversione al cristianesimo del re Sebbi, decise con molti altri sudditi di tornare alla religione dei suoi padri.
Dal vicino regnò di Mercia giunse allora il vescovo Jaruman, ritenuto “uomo onesto” da San Beda il Venerabile e sostenuto dal re Sebbi, con lo scopo di riconvertirli. Pare che la sua missione si rivelò efficace.
Durante il suo lungo regno, il santo sovrano ebbe modo di dimostrasi governatore saggio e particolarmente devoto, a tal punto da esser considerato dai sui sudditi assai più adatto come vescovo. A lui è tra l’altro attribuita l’edificazione del primitivo monastero di Westminster, non unico caso nella storia della Chiesa in cui un sovrano o un nobile si sia fatto promotore della realizzazione di nuovi edifici religiosi, anche se i casi più celebri in tal senso restano quelli relativi ai santi imperatori Costantino il Grande e Carlo Magno.
Non appena la moglie acconsentì alla separazione, non per gentile concessione bensì per l’aggravarsi delle condizioni di salute del marito, Sebbi poté coronare il suo grande sogno: abdicare dopo
trent’anni alla corona e ritirarsi in un monastero. Ricevette così l’abito religioso dal neovescovo di Londra Waldhere, appena succeduto a Sant’Erconvaldo, al quale affidò tutti i suoi beni affinché fossero equamente distribuiti ai poveri.
Non appena ebbe il presentimento che si stesse avvicinando l’ora della sua morte, desiderò essere vegliato dal vescovo e da due suoi servitori, onde evitare che per timore o stanchezza potesse pronunciare o compiere qualcosa di inopportuno.
Sempre nell’ultimo periodo della sua vita si verificò un episodio in parte simile a quanto capitò secondo la Bibbia al patriarca Abramo. Secondo quanto Sebbi ebbe a raccontare, in sogno “gli erano apparsi tre uomini con vesti splendenti. Uno si era seduto davanti al suo giaciglio, mentre i suoi compagni erano rimasti in piedi ed avevano chiesto informazioni sul malato. Il primo uomo disse che la sua anima avrebbe lasciato il corpo senza dolore ed in uno splendore di luce, e che sarebbe morto dopo tre giorni. Entrambe le cose accaddero, secondo quanto era stato annunciato nella visione”.
La morte sopraggiunse dunque verso l’anno 694, probabilmente il 29 agosto. Fu poi seppellito presso il muro settentrionale dell’antica cattedrale di San Paolo. Una leggenda attribuita sempre a San Beda che il sarcofago predisposto per la sua sepoltura, essendo troppo corto, miracolosamente si adattò alla statura del cadavere.
L’introduzione del culto liturgico per San Sebbi è abbastanza recente. L’inserimento del suo nome nel Martirologio Romano avvenne nel secolo XVI ad opera del cardinal Baronio.

(Autore: Fabio Arduino - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Sebbi, pregate per noi.

* Beata Teresa Bracco - Vergine e Martire (29 Agosto)  
Santa Giulia, Dego, Savona, 24 febbraio 1924 - 29 agosto 1944
La sua maturazione spirituale avviene sotto la guida del parroco don Natale Olivieri. San Domenico Savio, di cui era devota, le suggerisce la decisione suprema: "Piuttosto che fare peccato, mi faccio ammazzare".
Il rastrellamento tedesco del 28 agosto 1944 le offre l'occasione di realizzare l'eroico proposito. Sequestrata da un militare tedesco, tenta prima di eluderne i brutali intenti portandolo in prossimità di abitazioni e, impedita, preferisce rinunciare alla vita piuttosto che perdere la virtù così gelosamente custodita per amore di Dio.
La trovano cadavere martoriato il 30 di agosto.

Martirologio Romano: Nel paese di Santa Giulia in Piemonte, beata Teresa Bracco, vergine e martire, che, lavoratrice nei campi, nel corso della seconda guerra mondiale, morì percossa dai soldati per aver difeso strenuamente la propria castità.
Giovanni Paolo II l’ha elevata alla gloria degli altari il 24 maggio 1998, memoria di Maria Ausiliatrice, a Torino, nel corso del suo pellegrinaggio alla Sacra Sindone. In quell’occasione il Papa ebbe a dire: “In Teresa Bracco brilla la castità, difesa e testimoniata fino al martirio.
Quell'atteggiamento coraggioso era la logica conseguenza d'una ferma volontà di mantenersi fedele a Cristo, secondo il proposito manifestato a più riprese.
Quando venne a sapere ciò che era accaduto ad altre giovani in quel periodo di disordini e di violenze, esclamò senza esitare: "Piuttosto che essere profanata, preferisco morire". Il martirio fu il coronamento di un cammino di maturazione cristiana, sviluppato giorno dopo giorno, con la forza tratta dalla Comunione eucaristica quotidiana e da una profonda devozione verso la Vergine Madre di Dio. Quale significativa testimonianza evangelica per le giovani generazioni che si affacciano sul terzo millennio! Quale messaggio di speranza per chi si sforza di
andare controcorrente rispetto allo spirito del mondo! Addito soprattutto ai giovani questa ragazza che la Chiesa proclama oggi Beata, perché imparino da lei la limpida fede testimoniata nell'impegno quotidiano, la coerenza morale senza compromessi, il coraggio di sacrificare, se necessario, anche la vita, per non tradire i valori che alla vita danno senso”.
Penultima di sette figli, Teresa Bracco era nata il 24 febbraio 1924 nel piccolo paese di Santa Giulia, comune di Dego e diocesi di Acqui Terme. Mamma Angela ogni giorno apriva un grande libro di preghiere e la domenica, dopo la Messa, papà Giacomo interrogava le figlie più grandi sulla parola ascoltata e sulla predica del sacerdote.
Mamma Angela e papà Giacomo, profondamente pii, furono il primo esempio di fortezza cristiana, soprattutto quando, nel 1927, seppellirono nel giro di soli tre giorni due figli di nove e quindici anni, Giovanni e Luigi. Una fede, la loro, duramente sottoposta al crogiolo della prova.
Teresa potè frequentare la scuola fino alla quarta elementare, perché a S. Giulia non c’erano altre possibilità; con il suo lavoro di pastorella cercava di contribuire al sostentamento della numerosa famiglia. Una sua compagna di quel tempo ha testimoniato come lei cercava di portare sempre il suo gregge dove era sistemata Ginin (così era chiamata in famiglia Teresa). Perché? Perché Ginin sapeva recitare il rosario. La corona l’aveva sempre con sé e al pascolo il lavoro quotidiano era scandito dall’alternarsi delle Ave Maria.
Chi l’ha conosciuta afferma che Teresa era una ragazza estremamente riservata, modesta, delicata nel rapporto con le persone, sempre pronta ad offrire il suo aiuto. Dotata di non comune bellezza, due grandi occhi scuri e vellutati che risaltavano sul bel viso serio e pensoso incorniciato da grosse trecce brune, Teresa però non è affatto incline alla vanità femminile, neppure la più innocente, tipica dell’età giovanile, e sa attirarsi l’ammirazione rispettosa di tutti i suoi compaesani, tanto che uno di essi allora ebbe a dire: “Una ragazza così io non l’avevo mai vista prima e non l’ho mai più vista dopo”.
C’era in Teresa qualcosa di diverso dalle altre ragazze, ricorda una sua amica; dimostrava serietà, onestà e rettitudine in tutto. Era la migliore di tutte noi, confida la sorella Anna; al pascolo non faceva che pregare. Con la complicità di papà Giacomo, Ginin sacrificava volentieri delle preziose ore di sonno pur di potersi comunicare.
La chiesa, infatti, non era tanto vicina e la Messa si celebrava sempre all’alba. Ma per nulla al mondo lei avrebbe rinunciato all’Eucarestia quotidiana.
In casa Bracco arrivava regolarmente il Bollettino salesiano: sulla copertina della rivista, nel 1933, campeggiava in primo piano il ritratto del piccolo Domenico Savio, di cui la Chiesa aveva appena riconosciuto le virtù eroiche. Il ragazzo era figlio di contadini, proprio come lei, e alla scuola di don Bosco era arrivato all’impegnativo proposito: "La morte ma non peccati". Teresa, che aveva solo nove anni, ne fu affascinata: ritagliò l’illustrazione, la pose sulla testata del letto ed il motto del giovanissimo Santo diventò il suo programma di vita.
Una decisione fermissima che la piccola Bracco aveva voluto assumere solennemente il giorno della sua prima Comunione: “La morte ma non peccati”, sull’esempio di Domenico Savio. "Piuttosto, mi faccio ammazzare". Proposito a cui si dimostrò fedele fino al martirio. Il suo sacrificio, infatti, per mano di un ufficiale tedesco, non fu che l’ultimo atto di una vita interamente vissuta per il Vangelo.
La mattina del 28 agosto ’44, dopo aver partecipato alla S. Messa, Teresa aveva trovato un carico di letame preparato dalla sorella Maria da andare a spargere nel campo della Braia. Si era incamminata perciò verso il lavoro che l’attendeva, ma dopo un po’ l’aveva raggiunta la notizia dell’arrivo delle truppe tedesche al suo paese, S. Giulia. Pensando allora alla mamma rimasta sola sul posto (il Papà era venuto a mancare appena due mesi prima), aveva abbandonato i suoi attrezzi di lavoro per correre verso casa.
Nel rastrellamento nazista donne e bambini avevano trovato rifugio nella forra del Rocchezzo. Qui i tedeschi fanno purtroppo irruzione sequestrando le donne più giovani, fra cui pure Teresa, come bottino di guerra. Ma lei non ci sta, per amore degli insegnamenti evangelici la ragazza rifiuta energicamente di sottostare alle voglie dell’ufficiale nazista che l’ha presa con sé e cerca di scappare attraverso il bosco; lui però la raggiunge e, preso dal furore, la strangola, quindi le spara un colpo di rivoltella al cuore e, poi, non pago di tanta ferocia, col suo scarpone le sferra un calcio alla tempia sinistra fino a sfondarle il cranio.
Il suo corpo martoriato venne ritrovato nell’atteggiamento della suprema difesa della sua integrità fisica, due giorni dopo nel bosco. Qualcuno scrollò il capo di fronte alla sua fine eroica. Una morte inutile, si disse. Avrebbe potuto sopravvivere alla violenza, come le altre due ragazze, e tornare sana e salva alla sua famiglia. Perché opporsi così strenuamente al male? Ma soltanto pochi mesi dopo la sua morte, si raccontava di qualcuno che aveva ricevuto benefici dall’intercessione di Teresa. La fama del suo martirio si spargeva così nelle parrocchie confinanti mentre la vox populi l’acclamava come la nuova S. Maria Goretti delle Langhe.
La sua data di culto è stata posta nel Martyrologium Romanum al 29 agosto, mentre la diocesi di Acqui Terme la ricorda il 30 agosto.

(Autore: Maria Di Lorenzo - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Teresa Bracco, pregate per noi.

*Santa Verona di Magonza (29 Agosto)
m. Magonza, 870
Verono, patrono di Lembeek e Verona, sua sorella, Santi.
Verono sarebbe vissuto nel sec. IX, ma la prima testimonianza della sua esistenza ci è giunta due secoli dopo per opera del monaco Olberto (m. 1048), abate di Gembloux, famoso fondatore, scrittore e bibliotecario. Ca. il 1020 egli redasse una "Historia inventionis et miraculorum S. Veroni».
Vi apprendiamo che nel 1004 il curato di Lembeek, villaggio situato vicino ad Had nel Brabante, ebbe parecchi avvertimenti in sogno dallo stesso San Verono di non lasciare più oltre dimenticata la sua tomba, di cui gli rivelò il luogo preciso.
Alcuni scavi condotti portarono alla luce il corpo ed anche una piastrina con il nome del santo e la data della sua morte, il 15 delle calende di febbraio (= 18 gennaio).
Le reliquie, piamente raccolte, attirarono numerosi pellegrini e le guarigioni miracolose non cessarono più. Per maggiore sicurezza le reliquie furono trasportate nel 1012 presso le canonichesse di S. Waudru a Mons. In seguito la maggior parte di esse fu portata a Lembeek.
Il mistero che circondava la vita di s. Verono suscitò naturalmente alcune leggende: Ludovico II il Germanico (m. 876), re dei Franchi orientali avrebbe avuto, oltre ai figli di cui parla la storia due gemelli da lui chiamati Verono e Verona.
Il primo, disprezzando i piaceri della terra, abbandonò il palazzo dei suoi genitori, partì in pellegrinaggio e giunse a Lembeek. Dopo aver servito come garzone di fattoria durante cinque anni, morì ca. nell'863 avendo appena venti anni.
La festa cade il 31 gennaio e il 30 marzo. Lo si invoca contro il mal di testa. La manifestazione più nota del suo culto a Lembeek è la processione annuale semi religiosa e semi folcloristica, il secondo giorno di Pasqua.
Viene rappresentato come un pellegrino che calpesta con un piede le insegne della regalità.
Avendo appreso in modo soprannaturale la morte del fratello, Verona si mise alla ricerca della tomba di lui. Arrivata a Leefdaal, piccolo villaggio presso Lovanio, le fu indicato il luogo.
Ritornando da Lembeek nella sua patria, Verona prese il velo, fondò parecchie abbazie e divenne badessa.
Sarebbe morta a Magonza nell'anno 870, ma sepolta a Leefdaal. Da tempo immemorabile è venerata in una cappella che porta il suo nome: Vronenberg. Viene invocata contro le febbri. La sua festa cade il 29 agosto. La sola statua che possediamo la rappresenta come badessa.
La sua esistenza è problematica. Tuttavia alcuni scavi condotti nel 1951 nella cappella di Vronenberg portarono alla luce alcune fondamenta risalenti al 900 ca. e un sarcofago carolingio purtroppo vuoto.

(Autore: Karel Van den Bergh – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Verona di Magonza, pregate per noi.

*San Vittore - Eremita (29 Agosto)  
sec. VII circa
Martirologio Romano:
Nel territorio di Nantes in Bretagna, San Vittore, eremita, che visse recluso in un piccolo oratorio da lui stesso costruito presso La Chambon.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Vittore, pregate per noi.

*Altri Santi del giorno (29 Agosto)

*San
Giaculatoria - Santi tutti, pregate per noi.

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